venerdì 17 settembre 2010

…….E continuano a chiamarle missioni di pace





So che questo è un momento storico di grande incertezza per molti italiani. … abbiamo mandato giovani uomini e giovani donne a compiere enormi sacrifici…. abbiamo subito dolorose perdite … Questa è una realtà sempre più  incomprensibile …non è possibile schierarsi da una o dallaltra parte perché non è possibile auspicare la morte a un proprio simile …. questa sarebbe  una sconfitta  dell’ umanità . I militari , rappresentano un’ umanità varia, fatta di fomentati guerrafondai come di persone curiose.. aperte  oneste…  autoritari..  simpatici e soprattutto  anonimi. Credo di rendergli molto più onore descrivendoli così che semplicemente come eroi senza macchia e senza paura.
Quanti militari italiani morti in missioni internazionali di pace. Quanti messaggi di cordoglio inviati dal ministro della Difesa in occasione degli anniversari di tante stragi e commemorazioni organizzate per ricordare i caduti italiani nelle missioni internazionali, un omaggio alla memoria di tutti coloro che, con esemplare spirito di abnegazione, hanno perso la vita assolvendo il proprio compito nelle missioni internazionali per la sicurezza e la stabilizzazione delle aree di crisi.
La naja, si sa, rappresentava il servizio militare così come “ai nostri tempi”si faceva. Un servizio obbligatorio, e al quale tutti dovevano attenersi. La parola evoca l’idea della noia, del conto dei giorni che mancavano al congedo o della “stecca”, come si definiva in gergo.
Per chi ha  trascorso solo poche ore nelle zone di guerra … coinvolto in un  attentato … minuti di terrore …..il  ricordo  di ogni singolo fotogramma . … confusione… panico… ricerca di un nascondiglio… orrore per le ferite per il sangue e  poi  il chiasso che sfonda i timpani… cadaveri… fiamme.. colpi di mitra ed esplosioni.
 Il terrore che spezza il fiato, che si specchia negli occhi dei compagni di sventura, che ti spinge a scappare …. con i civili che si accalcano, che strillano, che mi caricano su una macchina e buttano sul mio corpo insanguinato un bambino immobile, candido, freddo….  nella guerra vince  sempre   la morte.
Un’ esperienza così  lascia  rabbia dolore .
 L’ipocrisia di un Paese in fibrillazione per gli eroi di  guerra , il presenzialismo costante di politici… generali… preti … giornalisti. non sono  “missioni di pace” ma “sono missioni di morte” .
Il sacrificio di tanti italiani impegnati nella costruzione della pace rafforza la determinazione ad opporsi ad ogni forma di sopraffazione e di violenza e la consapevolezza di come soltanto attraverso il dialogo, la tolleranza e la giustizia sia possibile comporre i contrasti tra i popoli e perseguire la cooperazione e l’ordinato sviluppo sociale ed economico .
 Ma il dolore più grande di un militare è il senso di colpa per essere sopravvissuto, il senso di responsabilità che si prova quando una storia che sembrava lontanissima arriva così vicina da ustionarci. Il misto di rabbia e tristezza che si prova quando non riesci a tenere in braccio tuo figlio senza rivedere nel suo volto quello di un bambino che ha avuto la sfortuna di essere nato e morto in zone di guerra .


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