giovedì 24 febbraio 2011

Se l'Italia ha la sua denominazione è grazie alla “Calabria”



Secondo antiche testimonianze prima dell’arrivo dei Greci, nell’estremo meridione  e recisamente  in Calabria  visse il popolo degli Itali. Questi presero il nome da un eroe mitico, il re Italo che avrebbe regnato con grande saggezza sull’Italia meridionale e  da lui, in  seguito, sarebbe derivato il nome ITALIA . Questa parola  deriva, probabilmente, dal termine  “vitulus”, vitello , quindi “terra dei vitelli”. Con il tempo questa definizione si estese ad altri territori e sotto il dominio romano arrivò a comprendere anche la Pianura Padana. Ancora una volta la nostra amata terra del sud viene vilipesa , offesa e derisa da chi si sente  diverso, superiore  ossia   da un  italiano in un Italia che dovrebbe essere unita . È  vergognoso  che ancora oggi che ci accingiamo a festeggiare il 150esimo anno  dell’ unità d’ Italia l’ amministrazione comunale di Spresiano   (Treviso) per pubblicizzare la raccolta differenziata  si sia servita di un   manifesto  in cui si vede un cestino dei rifiuti con all'interno la sagoma della Calabria.. alimentando  ancora  più  fratture nel corpo della comunità nazionale. Non siamo tutti   "fratelli d'Italia"   e  non  facciamo parte di un Italia Unita. Questo è un messaggio di non  fratellanza  nei confronti della Calabria e di tutto il sud , purtroppo,   non siamo italiani  allo stesso modo  e questi  gesti  non fanno altro che mettere in evidenza  la differenza tra il nord e il  sud. È doloroso  venire a conoscenza che questo gesto  sia stato  fatto dal primo cittadino che dovrebbe  essere d’esempio  ai suoi cittadini. Il Regno d'Italia  faceva sentire degli sfruttati le già povere famiglie del sud  e     la leva obbligatoria   ha fatto  ribellare  i contadini del sud  perché  ha fatto 'andare  nel brigantaggio  tanti giovani, uomini subito dopo il 1860,  l'Unificazione d'Italia, togliendo così  alle famiglie contadine l'unica ricchezza che avevano: i figli e le Loro braccia per lavorare la terra, nel periodo in cui erano più forti e per quasi 2 anni di servizio militare obbligatorio.Così dilaga il  brigantaggio   “un eroe che si fà giustizia da sé” , uomini  che  usano questo  codice d'onore' giustizia fai da te'    come  organizzazione  criminale. La relazione tra 'ndrangheta e brigantaggio è nata semplicemente perché tornava comodo agli uomini d'onore, alla perenne ricerca del consenso, ingentilire le loro origini e presentarsi come gli eredi dei briganti che nell'immaginario popolare continuano ancora oggi a godere di una rappresentazione ben diversa da quella che si trova nelle carte dei processi o di polizia dell'epoca. I briganti sopravvivono come uomini tutti d'un pezzo, coraggiosi, giovani che sanno vendicare le ingiustizie e che sanno andare alla macchia per vivere una vita libera e senza padroni. Alla fine del decennio il brigantaggio era pressoché scomparso, mentre la 'ndrangheta spiccava il salto nel nuovo Stato dove sarebbe cresciuta con la complicità delle classi dominanti per giungere sino a noi. I briganti sono confinati nei libri di storia e nei musei, gli 'ndranghetisti hanno invaso l'Italia e il mondo diventando sempre più potenti perché non sono più  analfabeti ma uomini di cultura .


Francesco TIANI

Poche auto e vecchie di 15 anni "Così la polizia insegue i ladri"



C'è una Renault affidata alla squadra mobile della Questura di Bari immatricolata nel 1988. Ma c'è anche una Fiat Brava in uso al commissariato di pubblica sicurezza di Bitonto che in dodici anni ha percorso più di 215mila chilometri. La Hyundai Sonica della Digos, acquistata nel 1999 e con un tachimetro schizzato a 250mila chilometri, invece è stata da poco ritirata. Sono poche, vecchie e usurate. Le automobili in dotazione agli uffici della Questura di Bari non sono di sicuro al passo con i tempi. E né tanto meno con i criminali che utilizzano invece autovetture nuovissime e di grossa cilindrata. A denunciare l'inefficienza e l'inadeguatezza del parco auto sono i sindacati di polizia. "Le automobili realmente efficienti sono davvero poche - spiega il segretario provinciale del Sap John Battista - il parco auto è obsoleto. Ci sono veicoli che hanno percorso migliaia di chilometri e non sono più all'altezza di un inseguimento. Soprattutto se consideriamo i rapinatori che si spostano con le Audi e le Bmw. L'ultima grossa fornitura di vetture è avvenuta sei anni fa, da allora molte si sono usurate o rotte e non c'è stata alcuna sostituzione. Riusciamo ad andare avanti solo con le auto confiscate. Ai commissariati decentrati poi arrivano solo gli scarti. Barletta per esempio è in seria difficoltà". L'ufficio prevenzione generale e sicurezza pubblica che presidia ogni giorno le strade della città ha in tutto 33 automobili. Ma i numeri non devono ingannare. Solo 25 sono quelle realmente efficienti e sono le Alfa 159, le altre 8 invece sono Fiat Marea immatricolate nel 2000 e di queste quattro hanno dai 193mila ai 130mila chilometri alle spalle. Sta peggio la Digos che ha solo 9 vetture di cui 3 a noleggio. La squadra mobile invece può contare su 32 auto di cui 13 ottenute grazie alla custodia giudiziale, ovvero sequestrate ai gruppi criminali. C'è però un fuoristrada che ha già macinato 170mila chilometri e un'altra vettura 193mila. "La vera emergenza riguarda i commissariati - protesta il segretario regionale del Silp Cgil Pietro Colpietro - in periferia c'è una situazione drammatica, le auto sono tutte Marea, Punto e Stilo dai 190mila chilometri in su. A Corato, Trani e Gravina c'è una carenza conclamata, le auto migliori vengono tolte ai commissariati e affidate a Bari. Il risultato è che le auto sono insufficienti e poco sicure. Qualche auto in più anche alle volanti poi non guasterebbe". A Gravina infatti, denunciano i sindacati, su 4 auto funzionano solo due. A Bitonto, invece, dove è alta l'attenzione sulla criminalità organizzata, su sei vetture di servizio ci sono una Punto del 1998 con 165mila chilometri e una Brava del 1999 con 215mila chilometri. Fiat Marea, Brava, Punto e Stilo invece sono in dotazione ai commissariati distaccati di San Paolo, San Nicola e Carrassi. Anche in questi casi il contachilometri ha sei cifre. Sotto accusa, da parte dei sindacati, ci sono i pesanti tagli alle risorse effettuati dal governo nazionale che non consentono di investire in sicurezza. "La situazione è grave e pesante - riflette preoccupato Francesco Tiani segretario del Siap - le auto sono insufficienti così come il personale. La Puglia è tra le quattro regioni più a rischio, i tagli di personale e dei mezzi incideranno fortemente sulla lotta alla criminalità. Da un lato, infatti, c'è una malavita sempre più ricca e più organizzata, dall'altro una polizia sempre più ridotta di uomini e di mezzi. A Bari mancano 127 unità nella Questura, 187 al compartimento polizia stradale e 35 nel compartimento polizia ferroviaria, numeri destinati a crescere per i pensionamenti. Chiediamo di essere messi nelle condizioni di garantire ogni giorno a tutti i cittadini, e non solo ad una parte di essi, la sicurezza".

150mo anniversario dell’Unità d’Italia




Vivo e lavoro nel  sud  Italia dove il lavoro è diventato un utopia e le persone  vivono in modo preoccupante  in  un    clima di incertezza, precarietà, angoscia sociale.Quote sempre più ampie di popolazione sono a rischio d’ impoverimento. Crescono le disuguaglianze, che colpiscono soprattutto i giovani, i precari, nelle regioni  del Sud  Italia .Ci apprestiamo a celebrare il 150mo anniversario dell’Unità d’Italia con le aziende che annaspano e spesso  sono costrette a chiudere  causando  disoccupazione e per noi popolo del sud  c'e' poco da festeggiare.Penso che piu' che commemorare l'Unita' d'Italia,  ci sia da ricordare, invece, com’ era  il sud  preunitaria durante il periodo  del regno Borbonico.In effetti con l'Unita' d'Italia  il Sud in generale, ha conosciuto solo disagi e in particolare l'emigrazione: prima quella della forza lavoro, poi quella delle intelligenze (quella che i media definiscono fuga dei cervelli) e non e' escluso che nell'immediato possa anche determinare l'emigrazione dei pochi imprenditori, perche'  non ce la fanno piu' a operare in una  terra marginale rispetto ai mercati che contano, terra in cui il sistema d'accesso al credito e' antico. Terra in cui, infine  ci sarebbe bisogno di una classe politica capace di difendere, tutelare i  lavoratori  e  il territorio e ,soprattutto , che non si faccia zittire dalle  logiche di partito.
I poliziotti sono  uomini che hanno  scolpito nel loro DNA la Giustizia ,Sicurezza e  la Legalità …. guardano sgomenti , giorno dopo giorno ,il degrado della loro categoria  …… sempre più compressi  all’angolo, sempre più distanti da quelle aperture verso il tessuto sociale e sempre più facenti parti di una struttura sotto attacco continuo ... poliziotti VERI , "pugnalati " a tradimento da un Governo che in campagna elettorale aveva fatto della Sicurezza la propria parola d'ordine… più risorse ... più mezzi ... più uomini… maggiore dignità, maggiori mezzi operativi alle Forze di polizia,  … ma come sempre  sono rimaste promesse non mantenute  perché  i poliziotti sono figli di tutte le opposizioni ,ma orfani di tutti i governi   … uomini colpevoli  di lavorare al sud  una terra abbandonata dalle istituzioni  e perciò definiti  solo servitori dello Stato. Il  sud da anni giace  con  carenze organiche devastanti  essendo  un territorio  molto vasto  da coprire  e, soprattutto,     per l’ elevata  criminalità  organizzata presente su questo territorio .  Inoltre  l’età avanzata  dei   poliziotti   ,ancora ,in servizio sulle volanti  che negli ultimi dieci anni  oscilla tra  35 e 50 anni  e senza futuro di  carriera . Da tenere presente come  tante questioni politico-sociali che potrebbero essere oggetto di transazioni interne  non vengano applicate agli agenti , con anzianità di servizio ,che rimangono sulle volanti invece  di  essere trasferiti  in  uffici , dando , così , spazio alle nuove leve . Non dimentichiamo il Decreto legislativo del 9 aprile 2008 ,n81 art. 1 della legge 3 agosto 2007 , n 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza  nei luoghi di lavoro.  Nel documento è riconosciuto che lo stress , potenzialmente , può colpire qualsiasi lavoratore in qualunque luogo di lavoro  . La sindrome di Burn-out è un insieme di sintomi che testimoniano l’avvento di una condizione di “stress” psicologico comportamentale a carico di tutte le professioni  anche le forze dell’ordine - tutori dell’ordine-  sono  sottoposti a stress di turni  massacranti ... della riduzione degli organici, taglio del turn over e delle risorse finanziarie sono i principali problemi che coinvolgono diversi corpi dello Stato, dalla Polizia ai Carabinieri, dalla Forestale alla Guardia di Finanza e si può  affermare che per ogni dieci agenti che andranno in pensione ci sarà un solo neo-assunto. Il fenomeno del Burn-out è ancora poco conosciuto , soprattutto da chi ne é potenzialmente a rischio , ma non va sottovalutato perchè è un processo evolutivo che si instaura quando i livelli di tensione  professionali sono eccessivi  e prolungati , quindi possiamo parlare di una patologia professionale molto complessa  che è legata alla presenza di molte altre  di natura sia individuale che organizzativa. La manovra finanziaria penalizza le aspettative degli uomini e delle donne  in divisa che garantiscono l’ordine e l’esercizio del vivere democratico, anche a costo della loro vita, e rischia di non soddisfare la richiesta di sicurezza degli italiani. E siamo solo all’inizio della cosidetta razionalizzazione. La manovra nell’istituire le zone a burocrazia zero nel meridione, ha dimenticato di escludere dalla deregolamentazione  quegli atti riguardanti la sicurezza pubblica, dando l’opportunità al crimine organizzato di eludere le norme antimafia nei territori più soggetti alle infiltrazioni di mafia, camorra, ‘ndrangheta e sacra corona unita. Auspichiamo che il Parlamento si accorga della disattenzione e vi ponga rimedio;  sarebbe una modifica a costo zero mentre perseverando nell’errore si costringerebbe il sud  a pagare un prezzo altissimo. La manovra allontana, ancora una volta, l’attesa e necessaria riforma della carriera dei Funzionari di Polizia. I poliziotti,   devono   sopportare inermi  i tagli che il governo   ha operato nei confronti delle forze di Polizia  in cambio   lo Stato invece   di ringraziarli e incentivarli  per lo straordinario lavoro che  i poliziotti svolgono in condizioni difficilissime  e con  mezzi fatiscenti , divise rattoppate  e uffici mal ridotti da anni   si ritrovano umiliati    e con solo  1.300 euro al mese rischiando ogni giorno  la vita . La storia non si fa con i “se”, e  un federalismo accentuato, in questa fase storica, potrebbe aumentare invece che diminuire i problemi. In questi ultimi anni, il Meridione sta paurosamente arrancando e perdendo colpi assistiamo  ad un vero e proprio paradosso: l’Italia da un lato fornisce forza, lavoro e  qualificata ad altri Paesi, dall’altro, però, accoglie soprattutto lavoratori stranieri per lavori in cui è richiesto un basso livello di qualifica. In sostanza, il paese arretra in termini di “qualità” del lavoro. Un segno d’impoverimento culturale ed intellettuale che, ovviamente, ci fa soccombere nel confronto con i nostri principali competitori internazionali. Chi ha  studiato  e si è   impegnato  per  anni ha  investito denaro per conseguire una laurea , in Italia   non ha più lo stesso valore  di un tempo . Ogni anno almeno dieci laureati risalgono  dalle regioni meridionali verso il Nord.  Di questi, tre  poi emigreranno  all’estero mentre gli altri sette  si fermeranno nel Centro-Nord  dell’Italia. Se fino a qualche tempo fa, la mobilità dei laureati garantiva un lavoro qualificato quantomeno ai più bravi, inteso come un lavoro meglio remunerato di quanto non sarebbe possibile nel Mezzogiorno, adesso, con la crisi, anche questa tendenza sembra essersi interrotta. Oggi, sempre più spesso, i giovani laureati meridionali finiscono con l’accettare lavori poco qualificati o, quantomeno, non confacenti al proprio percorso di studio. Questa emigrazione però ha un effetto devastante, poiché deprime ogni prospettiva di crescita dell’intera economia meridionale. Le migliori risorse e capacità contribuiscono allo sviluppo di altre regioni se non di altri paesi. Oltre all’emigrazione, ovviamente, ci sono altre cause, ormai diventate altrettanto strutturali, che opprimono come una pesante cappa l’economia del Sud. Mi riferisco ad un certo modo di far politica sia a livello locale,  regionale e  nazionale di questi ultimi anni.
 La mia gente vive  in uno dei luoghi più belli al mondo, ma sono costretti ad emigrare.  Una terra dominata dai grandi imprenditori che fanno i miliardi sulle spalle della povera gente ,mentre   i piccoli imprenditori sono sul lastrico perché non c’è posto per chi ha dei valori, per chi pensa che il lavoro non debba essere una corda stretta al collo che ti impedisca di respirare e soffocare lentamente  giorno per giorno … Il Sud  sta morendo,  l’Italia sta morendo. La cosa peggiore è che tutto questo sta accadendo in silenzio, senza che nessuno alzi un dito. Le proteste dei lavoratori   cadono  nel vuoto, le loro grida si stanno perdendo , una terra  ricca che   vive solo  di un turismo malato,  che illegalmente cerca di sfamare un  popolo in agonia ,tutto questo, sotto gli occhi di un governo  assente e disinteressato. La  tristezza e la disperazione delle Regioni del sud    dove si sta  indebolendo sempre di più l’economia   già visibilmente fragile , viene minimizzata dalla televisione che  continua a ripeterci che tutto va bene  mentre noi  viviamo di stento pur  lavorando  e i giovani devono emigrare  a malincuore per cercare un posto  di lavoro per realizzare i propri  sogni . Sicuramente stiamo vivendo in una società  malata , dove  se non fai parte del sistema corrotto e senza scrupoli  non andrai da nessuna parte. È  tempo di una  rivoluzioni sociale - culturale ;  i politici sono  malati di “potere” , schiavi  di loro  stessi e del loro  bisogno di spendere e d apparire  per non pensare… per non sentirsi soli… per il gusto di avere l’ impossibile . A mio modesto parere, la povertà vera oggi è la “povertà dell’anima”. La più grande povertà esistente è a livello di valori e di punti di riferimento, dai quali nascono  e scaturiscono tutte le altre configurazioni concrete che sono semplicemente la punta di un iceberg sommerso e molto più profondo. L’edonismo, il consumismo, l’egoismo dominano la cultura odierna e sono entrate nelle relazioni interpersonali inquinando i criteri di giudizio morale. Il legame “sicurezza/sviluppo” ha un tradizionale significato negativo: la criminalità si radica in aree arretrate e ne drena le risorse  : ogni prospettiva di crescita economica diviene  occasione di arricchimento illecito .
Il tema della sicurezza non possa essere trattato in maniera disgiunta da quello della legalità. Il binomio legalità-sicurezza è frutto di un percorso lungo che ha coinvolto da un lato l’uomo nella sua dimensione etica, e dall’altro la società nella sua dimensione civica, o meglio, nella sua dimensione politica. In senso giuridico, legalità è un principio che assoggetta alla legge sia il pubblico che il privato. La  legge  va    rispettata perché espressione di un ordinamento democratico. A ciò dovrebbe corrispondere l’efficienza del sistema delle sanzioni e l’efficacia del sistema della repressione. ma non sempre  questo accade per cui ci troviamo di fronte a una crisi del diritto e della giustizia.Il  problema  non  è  solo  quello  di  inasprire  le  pene,  ma  realizzare  un  sistema di giustizia realmente in grado di valutare i fatti e  stabilire  le sanzioni previste in tempi apprezzabili. Giustizia e sicurezza vanno intese come due facce della stessa medaglia. Perché è inutile inasprire le pene se poi non c’è una giustizia in grado di applicare la sanzione. Com’è vano il lavoro delle forze dell’ordine se la giustizia non fa il suo corso. La crisi della legalità si riscontra in molteplici manifestazioni: la criminalità organizzata e quella comune, il terrorismo nazionale ed internazionale, ma anche da cose  più semplici e immediate come la mancanza di rispetto al codice della strada, delle regole sulla sicurezza del lavoro, dall’evasione fiscale contributiva, dal ricorso al lavoro nero, dalla disattenzione sulla qualità e sui tempi di realizzazione degli appalti pubblici (fenomeno questo che oltre a rappresentare un costo elevato per i cittadini causa l’allontanamento dal mercato d’imprese serie  e meglio attrezzate che non possono sostenere in sistema del massimo ribasso con imprese che trascurano sistematicamente le più elementari regole della sicurezza e del lavoro quando  non hanno anche connotazioni malavitose). Per recuperare un nuovo senso di legalità è indispensabile la \collaborazione sinergica tra istituzioni centrali e locali. Ma non si può in alcun modo prescindere da un coinvolgimento dal basso dei cittadini, a partire dalla mobilitazione di tutte le agenzie educative (famiglia, scuola, gruppi sociali) per costruire una cultura diffusa della legalità. Questo implica una concezione della legalità come dimensione etica.  L’etica della legalità chiama in causa l’educazione, la funzione formativa come processo centrale nella definizione un nuovo modello di convivenza civile e sociale condivisa.

 

Bari, 24 febbraio 2011


Il Segretario Generale Regionale
                                                                                                        Francesco TIANI

martedì 22 febbraio 2011

Voce degli esuli… una Libia in fiamme … sarà un massacro, un bagno di sangue se la comunità internazionale non interviene.



Sono ore decisive per il popolo libico. Il dittatore Gheddafi sarebbe in fuga ma l’esercito resta a guardia e spara sui civili.Il governo italiano continua a driblare l’argomento ed a prendere una posizione di condanna netta, nonostante il leader libico abbia apertamente ricattato l’UE minacciando un’invasione di clandestini in Europa.La protesta del mondo arabo e islamico dilaga e oggi è toccata alla Libia,  che confina con Egitto e Tunisia,  paese ricco, che paradossalmente si confronta con una povertà estrema, c’è    una disoccupazione e corruzione dilagante e  una sanità allo sfascio.Gheddafi, che senza dubbio è un leader intelligente, deve rendersi conto che questa situazione non può durare a lungo, che anche se riuscirà a reprimere le manifestazione , ne seguiranno altre e altre ancora, come è successo nel Cairo e a Tunisi, dove le piazze si sono svuotate solo dopo la caduta del regime. La rabbia dei giovani libici, secondo me è giustificata dal fatto che in Libia non c'è una costituzione, non si sa cosa ci sarà dopo Gheddafi, chi prenderà il suo posto, in base a quali regole sarà gestito il passaggio dei poteri.Nella Libia sconvolta dalle rivolte e dai morti  non esistono alternative strutturali al regime del Colonnello , un regime che  dopo quarantanni di autoritarismo finalmente è crollato come  un castello di sabbia . Non  ci sono  figure carismatiche in grado di prendere il posto di Gheddafi perché nessun uomo  poteva resistere al suo dominio autocratico e despotico   lasciando dietro di sé   il nulla . Il problema si è  posto  nel momento in cui la dittatura non  è riuscita  più a contenere le istanze di libertà della gente, cinicamente strumentalizzata dagli estremisti islamici che usavano la violenza per esasperare il conflitto sociale, e nel momento in cui il  dittatore viola la nostra dignità e sovranità, prefigurando un futuro di crescente sottomissione al loro arbitrio e all’ideologia dell’islamicamente corretto si arriva alla ribellione di un popolo sottomesso .L ’Italia avrebbe dovuto rispondere con un’interruzione immediata dei flussi di denaro che il nostro governo generosamente elargisce al colonnello Gheddafi. Così non è stato ed al momento l’Italia sembra essere l’unico paese alleato di Gheddafi. Un’offesa alla storia democratica del nostro paese che si dimostra senza spina dorsale e genuflesso ad un criminale che spara sulla sua gente.. Il governo italiano si sta rendendo complice di un crimine contro l’umanità, umiliando la nostra storia, la nostra dignità.Noi Italia onesti  , non possiamo accettare nella maniera più assoluta di prendere lezioni di democrazia da un dittatore che ha da sempre calpestato i diritti umani, finanziato terroristi e avallato torture e violenze in campi di concentramento. Oggi assistiamo inerti alla fuga di Gheddafi come  quella di Bin Laden,  dittatore corrotto e violento che l’Occidente ha voluto e sostenuto, dunque, prepariamoci ad affrontare tempi ancor peggiori con l’avvento al potere degli estremisti islamici.  L'Italia ha responsabilità storiche nei confronti del popolo libico, quello stesso popolo che, oggi, reclama libertà e giustizia. Abbiamo il dovere  di aiutare la transizione sospendendo, da subito, il discusso trattato di amicizia che ha portato grandi vantaggi alla dittatura. Il popolo libico non solo sta mandando a casa il suo dittatore , ma ha inviato un messaggio anche al popolo italiano. …. il rumore dello schiaffo  è destinato a ripercuotersi come un'eco in tutto il mondo.