giovedì 24 febbraio 2011

150mo anniversario dell’Unità d’Italia




Vivo e lavoro nel  sud  Italia dove il lavoro è diventato un utopia e le persone  vivono in modo preoccupante  in  un    clima di incertezza, precarietà, angoscia sociale.Quote sempre più ampie di popolazione sono a rischio d’ impoverimento. Crescono le disuguaglianze, che colpiscono soprattutto i giovani, i precari, nelle regioni  del Sud  Italia .Ci apprestiamo a celebrare il 150mo anniversario dell’Unità d’Italia con le aziende che annaspano e spesso  sono costrette a chiudere  causando  disoccupazione e per noi popolo del sud  c'e' poco da festeggiare.Penso che piu' che commemorare l'Unita' d'Italia,  ci sia da ricordare, invece, com’ era  il sud  preunitaria durante il periodo  del regno Borbonico.In effetti con l'Unita' d'Italia  il Sud in generale, ha conosciuto solo disagi e in particolare l'emigrazione: prima quella della forza lavoro, poi quella delle intelligenze (quella che i media definiscono fuga dei cervelli) e non e' escluso che nell'immediato possa anche determinare l'emigrazione dei pochi imprenditori, perche'  non ce la fanno piu' a operare in una  terra marginale rispetto ai mercati che contano, terra in cui il sistema d'accesso al credito e' antico. Terra in cui, infine  ci sarebbe bisogno di una classe politica capace di difendere, tutelare i  lavoratori  e  il territorio e ,soprattutto , che non si faccia zittire dalle  logiche di partito.
I poliziotti sono  uomini che hanno  scolpito nel loro DNA la Giustizia ,Sicurezza e  la Legalità …. guardano sgomenti , giorno dopo giorno ,il degrado della loro categoria  …… sempre più compressi  all’angolo, sempre più distanti da quelle aperture verso il tessuto sociale e sempre più facenti parti di una struttura sotto attacco continuo ... poliziotti VERI , "pugnalati " a tradimento da un Governo che in campagna elettorale aveva fatto della Sicurezza la propria parola d'ordine… più risorse ... più mezzi ... più uomini… maggiore dignità, maggiori mezzi operativi alle Forze di polizia,  … ma come sempre  sono rimaste promesse non mantenute  perché  i poliziotti sono figli di tutte le opposizioni ,ma orfani di tutti i governi   … uomini colpevoli  di lavorare al sud  una terra abbandonata dalle istituzioni  e perciò definiti  solo servitori dello Stato. Il  sud da anni giace  con  carenze organiche devastanti  essendo  un territorio  molto vasto  da coprire  e, soprattutto,     per l’ elevata  criminalità  organizzata presente su questo territorio .  Inoltre  l’età avanzata  dei   poliziotti   ,ancora ,in servizio sulle volanti  che negli ultimi dieci anni  oscilla tra  35 e 50 anni  e senza futuro di  carriera . Da tenere presente come  tante questioni politico-sociali che potrebbero essere oggetto di transazioni interne  non vengano applicate agli agenti , con anzianità di servizio ,che rimangono sulle volanti invece  di  essere trasferiti  in  uffici , dando , così , spazio alle nuove leve . Non dimentichiamo il Decreto legislativo del 9 aprile 2008 ,n81 art. 1 della legge 3 agosto 2007 , n 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza  nei luoghi di lavoro.  Nel documento è riconosciuto che lo stress , potenzialmente , può colpire qualsiasi lavoratore in qualunque luogo di lavoro  . La sindrome di Burn-out è un insieme di sintomi che testimoniano l’avvento di una condizione di “stress” psicologico comportamentale a carico di tutte le professioni  anche le forze dell’ordine - tutori dell’ordine-  sono  sottoposti a stress di turni  massacranti ... della riduzione degli organici, taglio del turn over e delle risorse finanziarie sono i principali problemi che coinvolgono diversi corpi dello Stato, dalla Polizia ai Carabinieri, dalla Forestale alla Guardia di Finanza e si può  affermare che per ogni dieci agenti che andranno in pensione ci sarà un solo neo-assunto. Il fenomeno del Burn-out è ancora poco conosciuto , soprattutto da chi ne é potenzialmente a rischio , ma non va sottovalutato perchè è un processo evolutivo che si instaura quando i livelli di tensione  professionali sono eccessivi  e prolungati , quindi possiamo parlare di una patologia professionale molto complessa  che è legata alla presenza di molte altre  di natura sia individuale che organizzativa. La manovra finanziaria penalizza le aspettative degli uomini e delle donne  in divisa che garantiscono l’ordine e l’esercizio del vivere democratico, anche a costo della loro vita, e rischia di non soddisfare la richiesta di sicurezza degli italiani. E siamo solo all’inizio della cosidetta razionalizzazione. La manovra nell’istituire le zone a burocrazia zero nel meridione, ha dimenticato di escludere dalla deregolamentazione  quegli atti riguardanti la sicurezza pubblica, dando l’opportunità al crimine organizzato di eludere le norme antimafia nei territori più soggetti alle infiltrazioni di mafia, camorra, ‘ndrangheta e sacra corona unita. Auspichiamo che il Parlamento si accorga della disattenzione e vi ponga rimedio;  sarebbe una modifica a costo zero mentre perseverando nell’errore si costringerebbe il sud  a pagare un prezzo altissimo. La manovra allontana, ancora una volta, l’attesa e necessaria riforma della carriera dei Funzionari di Polizia. I poliziotti,   devono   sopportare inermi  i tagli che il governo   ha operato nei confronti delle forze di Polizia  in cambio   lo Stato invece   di ringraziarli e incentivarli  per lo straordinario lavoro che  i poliziotti svolgono in condizioni difficilissime  e con  mezzi fatiscenti , divise rattoppate  e uffici mal ridotti da anni   si ritrovano umiliati    e con solo  1.300 euro al mese rischiando ogni giorno  la vita . La storia non si fa con i “se”, e  un federalismo accentuato, in questa fase storica, potrebbe aumentare invece che diminuire i problemi. In questi ultimi anni, il Meridione sta paurosamente arrancando e perdendo colpi assistiamo  ad un vero e proprio paradosso: l’Italia da un lato fornisce forza, lavoro e  qualificata ad altri Paesi, dall’altro, però, accoglie soprattutto lavoratori stranieri per lavori in cui è richiesto un basso livello di qualifica. In sostanza, il paese arretra in termini di “qualità” del lavoro. Un segno d’impoverimento culturale ed intellettuale che, ovviamente, ci fa soccombere nel confronto con i nostri principali competitori internazionali. Chi ha  studiato  e si è   impegnato  per  anni ha  investito denaro per conseguire una laurea , in Italia   non ha più lo stesso valore  di un tempo . Ogni anno almeno dieci laureati risalgono  dalle regioni meridionali verso il Nord.  Di questi, tre  poi emigreranno  all’estero mentre gli altri sette  si fermeranno nel Centro-Nord  dell’Italia. Se fino a qualche tempo fa, la mobilità dei laureati garantiva un lavoro qualificato quantomeno ai più bravi, inteso come un lavoro meglio remunerato di quanto non sarebbe possibile nel Mezzogiorno, adesso, con la crisi, anche questa tendenza sembra essersi interrotta. Oggi, sempre più spesso, i giovani laureati meridionali finiscono con l’accettare lavori poco qualificati o, quantomeno, non confacenti al proprio percorso di studio. Questa emigrazione però ha un effetto devastante, poiché deprime ogni prospettiva di crescita dell’intera economia meridionale. Le migliori risorse e capacità contribuiscono allo sviluppo di altre regioni se non di altri paesi. Oltre all’emigrazione, ovviamente, ci sono altre cause, ormai diventate altrettanto strutturali, che opprimono come una pesante cappa l’economia del Sud. Mi riferisco ad un certo modo di far politica sia a livello locale,  regionale e  nazionale di questi ultimi anni.
 La mia gente vive  in uno dei luoghi più belli al mondo, ma sono costretti ad emigrare.  Una terra dominata dai grandi imprenditori che fanno i miliardi sulle spalle della povera gente ,mentre   i piccoli imprenditori sono sul lastrico perché non c’è posto per chi ha dei valori, per chi pensa che il lavoro non debba essere una corda stretta al collo che ti impedisca di respirare e soffocare lentamente  giorno per giorno … Il Sud  sta morendo,  l’Italia sta morendo. La cosa peggiore è che tutto questo sta accadendo in silenzio, senza che nessuno alzi un dito. Le proteste dei lavoratori   cadono  nel vuoto, le loro grida si stanno perdendo , una terra  ricca che   vive solo  di un turismo malato,  che illegalmente cerca di sfamare un  popolo in agonia ,tutto questo, sotto gli occhi di un governo  assente e disinteressato. La  tristezza e la disperazione delle Regioni del sud    dove si sta  indebolendo sempre di più l’economia   già visibilmente fragile , viene minimizzata dalla televisione che  continua a ripeterci che tutto va bene  mentre noi  viviamo di stento pur  lavorando  e i giovani devono emigrare  a malincuore per cercare un posto  di lavoro per realizzare i propri  sogni . Sicuramente stiamo vivendo in una società  malata , dove  se non fai parte del sistema corrotto e senza scrupoli  non andrai da nessuna parte. È  tempo di una  rivoluzioni sociale - culturale ;  i politici sono  malati di “potere” , schiavi  di loro  stessi e del loro  bisogno di spendere e d apparire  per non pensare… per non sentirsi soli… per il gusto di avere l’ impossibile . A mio modesto parere, la povertà vera oggi è la “povertà dell’anima”. La più grande povertà esistente è a livello di valori e di punti di riferimento, dai quali nascono  e scaturiscono tutte le altre configurazioni concrete che sono semplicemente la punta di un iceberg sommerso e molto più profondo. L’edonismo, il consumismo, l’egoismo dominano la cultura odierna e sono entrate nelle relazioni interpersonali inquinando i criteri di giudizio morale. Il legame “sicurezza/sviluppo” ha un tradizionale significato negativo: la criminalità si radica in aree arretrate e ne drena le risorse  : ogni prospettiva di crescita economica diviene  occasione di arricchimento illecito .
Il tema della sicurezza non possa essere trattato in maniera disgiunta da quello della legalità. Il binomio legalità-sicurezza è frutto di un percorso lungo che ha coinvolto da un lato l’uomo nella sua dimensione etica, e dall’altro la società nella sua dimensione civica, o meglio, nella sua dimensione politica. In senso giuridico, legalità è un principio che assoggetta alla legge sia il pubblico che il privato. La  legge  va    rispettata perché espressione di un ordinamento democratico. A ciò dovrebbe corrispondere l’efficienza del sistema delle sanzioni e l’efficacia del sistema della repressione. ma non sempre  questo accade per cui ci troviamo di fronte a una crisi del diritto e della giustizia.Il  problema  non  è  solo  quello  di  inasprire  le  pene,  ma  realizzare  un  sistema di giustizia realmente in grado di valutare i fatti e  stabilire  le sanzioni previste in tempi apprezzabili. Giustizia e sicurezza vanno intese come due facce della stessa medaglia. Perché è inutile inasprire le pene se poi non c’è una giustizia in grado di applicare la sanzione. Com’è vano il lavoro delle forze dell’ordine se la giustizia non fa il suo corso. La crisi della legalità si riscontra in molteplici manifestazioni: la criminalità organizzata e quella comune, il terrorismo nazionale ed internazionale, ma anche da cose  più semplici e immediate come la mancanza di rispetto al codice della strada, delle regole sulla sicurezza del lavoro, dall’evasione fiscale contributiva, dal ricorso al lavoro nero, dalla disattenzione sulla qualità e sui tempi di realizzazione degli appalti pubblici (fenomeno questo che oltre a rappresentare un costo elevato per i cittadini causa l’allontanamento dal mercato d’imprese serie  e meglio attrezzate che non possono sostenere in sistema del massimo ribasso con imprese che trascurano sistematicamente le più elementari regole della sicurezza e del lavoro quando  non hanno anche connotazioni malavitose). Per recuperare un nuovo senso di legalità è indispensabile la \collaborazione sinergica tra istituzioni centrali e locali. Ma non si può in alcun modo prescindere da un coinvolgimento dal basso dei cittadini, a partire dalla mobilitazione di tutte le agenzie educative (famiglia, scuola, gruppi sociali) per costruire una cultura diffusa della legalità. Questo implica una concezione della legalità come dimensione etica.  L’etica della legalità chiama in causa l’educazione, la funzione formativa come processo centrale nella definizione un nuovo modello di convivenza civile e sociale condivisa.

 

Bari, 24 febbraio 2011


Il Segretario Generale Regionale
                                                                                                        Francesco TIANI

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