Sono tanti, troppi i poliziotti, magistrati, giornalisti e uomini delle forze dell'ordine uccisi per mano della mafia. Alcuni dimenticati, altri più spesso ricordati dalle cronache , ma tutti ugualmente eroi perché la grandezza di questi uomini, non sta nel modo in cui sono morti, ma nel modo in cui hanno vissuto. Ho voluto ricordare , Sergio Cosmai , una figura straordinaria , nato a Bisceglie, direttore del carcere di Cosenza ucciso il 12 marzo del 1985 , Omicidi ordinati dalla 'ndrangheta cosentina per la disciplina imposta ai criminali detenuti. La condanna a morte per Cosmai fu eseguita il 12 marzo del 1985, lungo la statale 19, tra Cosenza e Rende. Il direttore 36enne guidava la sua Fiat 500, diretto alla scuola della figlia, una bambina di 7 anni. Affiancato dai killer, è stato bersagliato da colpi di pistola. Morirà in ospedale. A guidare le indagini del dopo attentato è stato l'allora capo della squadra mobile di Cosenza, Nicola Calipari funzionario dei servizi segreti italiani morto in Iraq nel 2005 . Secondo le rivelazioni dei pentiti, Cosmai è stato ucciso perché aveva osato imporre regole ferree ai detenuti durante una protesta in carcere, non aveva ceduto alle richieste provocatorie dei detenuti, ordinando, come da regolamento, un blitz per ristabilire l'ordine , ma ai boss della 'ndrangheta cosentina Cosmai dava fastidio e doveva essere eliminato. Tutta la società civile deve ricordare i martiri, vittime della brutalità criminale della mafia e che essi siano di esempio per tutti i giovani ricordando che la legalità e le regole sono valori che vanno difesi strenuamente anche con la vita.
Tutto questo accade al sud dove si ignora volutamente la legalità e la cultura.
Infatti la questione meridionale nasce con l’Unità d’Italia e tuttora il sud continua a dare mano d’opera alle industrie del nord, costituendo area di consumo per i prodotti del nord, rimanendo un bacino elettorale che influenza il formarsi della maggioranza parlamentare e di governo del Paese . Per contrastare la mafia. bisogna ricostruire la democrazia nel Mezzogiorno e rafforzarla nel resto d’Italia, con l’impegno di tutti: sia di coloro che rappresentano gli interessi dei cittadini nei partiti, nella politica, nelle istituzioni, nei sindacati, nei movimenti, nelle associazioni di categoria, sia con l’impegno dei singoli e degli stessi cittadini. Se un partito, un governo, uno Stato operasse in questa direzione meriterebbe la fiducia dei cittadini, condizione essenziale per non ridurre la lotta contro la mafia a una guerra tra buoni e cattivi e per farle acquisire la dignità di un impegno per la conquista della libertà, della democrazia, di una maggiore giustizia sociale. Non abbassiamo la soglia della coscienza dell’illegalità, non coltiviamo la rassegnazione, la neutralità, l’indifferenza soprattutto in posti dove l’unica lingua parlata è il silenzio e l’omertà.Bisogna urlare che non riteniamo giustificabile la corruzione, i favoritismi, i compromessi, l’intimidazione, la violenza, il finanziamento illegale della politica, la compravendita degli appalti, l’appropriazione dei finanziamenti pubblici, lo svuotamento delle casse delle aziende pubbliche, il taglieggiamento di quelle private.
Perché il sangue di coloro che hanno perso la vita per mano dei mafiosi non sia stato versato invano ; si impone all’attenzione di tutti , una costante presenza, sulla pericolosità e l’attualità del fenomeno mafioso in modo che il loro sacrificio non sia stato vano , ma rimanga un monito per le coscienze di tutti gli italiani onesti .
FRANCESCO TIANI
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