giovedì 17 marzo 2011

La storia di oggi è ancora quella di ieri



Il 17 marzo  celebreremo   i 150 anni dell’unità d ‘Italia , ma ancora oggi  si parla di “due Italie”per indicare il divario che si è creato e che continua sempre più  ad aumentare tra le regioni industrializzate del nord e il sud  causato da    uno scarso   sviluppo industriale  della nostra amata terra del sud, dovuto a mancanza d’ impegno da parte delle nostre istituzioni e forze politiche territoriali  .Il  nostro meridione ha una ricchezza enorme  , basata sul mare e sulle sue coste  ; una posizione  invidiabile in quanto è al  centro del Mediterraneo  .  Queste risorse  era più valorizzati al tempo dei Borboni  che oggi  che potrebbero  essere centro di commercio con i paesi Africani e Asiatici .Si è sempre  parlato  di rapporti inversamente proporzionali tra nord e sud : mentre il nord diventa sempre più ricco , il sud diventa sempre più povero . Questo  divario tra lo sviluppo delle regioni del nord   , industrializzate e   ben floride economicamente e l’arretratezza del Sud risale a tempi  lontanissimi .Già al momento della formazione dello Stato italiano si cominciò a parlare di “questione meridionale” , problema ancora  rimasto  irrisolto  .  Molti fattori hanno contribuito a consolidare questo divario ,  viviamo in sud con poche  ferrovie e  alcune ad unico binario , con  strade disastrate  per le  continue interruzioni di lavori in corso  . A tutto questo contribuisce  la mancanza  di lavoro in ogni categoria ,mentre   al  nord troviamo  strade  facilmente percorribili a diverse corsie e  un elevato sviluppo economico industriale con   possibilità di lavoro .Lo Stato da parte sua contribuì  ad aggravare questo stato di cose ; infatti , i prelievi fiscali più gravosi furono operati nel sud, considerato da molti “zona conquistata”  e  venne depredato con una pesante politica fiscale e con la soppressione di attività produttive che avevano dato lavoro a migliaia di operai al tempo del regime borbonico , mentre al nord  si elargivano  e si impiegavano soldi per costruire moderne  infrastrutture con cospicui investimenti in tutti i settori produttivi   , facendo sì  che si aggravasse ancora di più quella  disparità ,già abbastanza evidente , tra il nord e il sud . Le popolazioni più sfortunate , presso le quali  si avvertivano già  le ingerenze di tipo mafioso e camorristico , si ribellarono dedicandosi al banditismo , che fu stroncato con una sanguinosa repressione.
A molti meridionali , per sfuggire alla miseria , non rimase altra  via che l’emigrazione  con l’abbandono totale  delle proprie terre per andare a trovare un posto di lavoro nelle fabbriche .In seguito furono  varate molte leggi a favore del Mezzogiorno , ma furono solo rimedi temporanei per un male troppo radicato e profondo nel tempo .Il periodo fascista vide nel colonialismo e nella bonifica delle terre incolte la risoluzione del problema , ma esso  si aggravò  per un’errata campagna demografica  e cioè  per la riduzione dei salari dei braccianti  .Dopo la seconda guerra mondiale fu istituita la Cassa per il Mezzogiorno  e cioè  per l’industrializzazione del sud che operò fino agli anni ’80  , ma non ottenne risultati brillanti , anche se fu la causa  di una guerra al latifondismo , che distribuì 500.000 ettari di terra  a decine di migliaia di coltivatori diretti. Solo le regioni che entrarono nell’area della industrializzazione  acquistarono   le caratteristiche dei Paesi avanzati , con moderni metodi di produzione    e tecniche scientifiche sempre all’ avanguardia  di distribuzione  producendo così  elevate quantità di consumi , ma le altre parti del paese rimasero  in uno stato di arretratezza con minori possibilità di sviluppo . Con l’unità del regno la situazione peggiorò , perché , con la scomparsa  dei dazi protettivi , i produttori dell’Italia del nord   trovarono più vasti mercati per collocare i loro prodotti , facendo una notevole concorrenza a quelli del  sud .Comunque le popolazioni delle regioni del sud  potrebbero  ancora oggi uguagliare lo sviluppo economico di quelle del nord  utilizzando le ricchezze   territoriali che forse non sono state sfruttate nel modo adeguato .Una delle attività economiche più sviluppate nel nostro Paese è quella turistica ,ma nel sud non è realizzata nel modo migliore ,  per diversi  motivi rimanendo una turismo solo di  “transiti”. Celebrare a dovere i 150 anni dell'Unità d'Italia potrebbe significare impegnarsi a «rintracciare i documenti mancanti, forse ancora nascosti e dimenticati». Perché senza memoria e senza giustizia un popolo cresce sghembo e non impara a rispettare e a rispettarsi. La storia è  fasulla   interpretata male  , Garibaldi non è un eroe e  l’unita d’Italia ha rovinato il Sud. Tutti  gli storici ansiosi di celebrare il falso mito di Garibaldi vadano a tirar fuori  i veri  documenti custoditi negli archivi delle Prefetture e delle Questure del Sannio, dell'Irpinia, della Puglia, della Lucania, dell’ Abruzzo, del Molise,  della Calabria  resterebbero  scioccati dalle stragi, dagli  incendi, dalle devastazioni, dai genocidi compiuti dal 1860 al 1865 nel sud Italia durante quello che al storiografica dell'Italietta ottocentesca definitì "Brigantaggio" e che invece fu solo una grande guerra di popolo e di liberazione repressa nel sangue. Perché non ricordare che i tanto celebrati "Mille" vennero a patti con la Mafia siciliana e con la Camorra napoletana  e perché non ricordare che il popolo, quello vero, i meridionali rimasero fedeli, fino alla morte più atroce, al loro Re e alla loro Patria  . Le gesta di schiere di uomini eroi  come il generale  Josè Borjes, Carmine Crocco , che nulla hanno da invidiare ai partigiani della Secondo Guerra mondiale. Questa  è la  vera Resistenza, intesa come lotta di popolo, che l'Italia ha conosciuto non è quella del '43-45, ma quella vissuta nel Sud Italia dal '60 al '65.  Invece di allestire mostre sui "cimeli" garibaldini, gli storici e i curatori di musei, facciano vedere al pubblico gli orrori che i bersaglieri, i carabinieri e i garibaldini commisero ai danni dei sudditi  ….donne stuprate, di uomini massacrati, torturati, decapitati, di villaggi incendiati, di montagne deforestate.  I  piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto e  cancellarono per sempre molti paesi.La storia del nostro Risorgimento è condizionata e contaminata da una retorica che ha costruito, nell'immaginario dei cittadini italiani, un passato leggendario fondato sull'eroismo e sul martirio d'una minoranza di combattenti che credevano nel Bene comune della patria . Quel Bene era la fondazione dell'Italia unita . Le cose non stanno proprio così, e non ha senso raccontarsi favole. Servirebbe  una profonda opera di revisione storiografica. Perché s'è trattato d'una guerra civile: e perché a raccontarla, come sempre, è stato il vincitore. Un vincitore che ha imposto la damnatio memoriae sui vinti, riducendo i suoi massacri alla stregua di semplici operazioni di polizia. …. Bisogna che  il Risorgimento sia recuperato per intero, nel bene e nel male. ….perché è dall'Unità in avanti che questo Paese è diventato importante ……. cercare la verità a proposito di quanto è accaduto non può macchiare l'orgoglio della nascita di una nazione. L'Unità d'Italia non seppe integrare tradizioni, culture e lingue delle varie regioni  ed educazione l’ unità e al rispetto delle proprie origini. La verita' e' che l'Unita' d'Italia e' fallita.  Il federalismo fiscale non e' altro che la constatazione di questa sconfitta. Qui il problema non e' la solidarieta' nazionale tra ricchi e poveri, tra chi ha e chi non ha, tra chi solo produce e chi solo spende. La vera questione e' di non farci prendere in giro dai moderni "Gattopardi". La Storia sociale ed economica della nostra Nazione e' li` a testimoniare che l'enorme frattura economica tra Nord e Sud, questa malattia apparentemente incurabile, non e' frutto del caso. …. non e' figlia della differenza dei comportamenti sociali tra "polentoni" laboriosi e "terroni" sfaticati…… è  il risultato della politica sbagliata  applicata nei confronti del Meridione per 150 anni….. Ma l’Italia si è fatta in un altro modo. Ha perduto l’autobus dell’unione federalista. E dopo il fascismo, la guerra, il progressivo sfascismo postbellico, oggi siamo pervenuti a un Paese che sta tentando di attuare di nuovo un progetto federale. Non so se è corretto come quello che sarebbe stato opportuno intraprendere un secolo e mezzo fa. So che alla luce delle nostre scelte di oggi non si può non concludere che quella del regno unitario fu una “falsa partenza”. L’Italia è come uno specchio rotto in cui è diventato impossibile specchiare un’identità collettiva, una visione unitaria del bene comune, una classe dirigente degna del nome. Ognuno si specchia nel suo frammento di specchio e pensa di essere il tutto o il nulla. Appartengo ad una generazione che è cresciuta con la cultura del “senso di colpa” e che è consapevole di aver scelto di vivere in un posto che un domani lascia  ai propri figli.  E che crede che sia un proprio dovere , oltre che un proprio sogno realizzabile, provare a rendere questo Paese semplicemente “migliore”…

FRANCESCO TIANI

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