lunedì 4 ottobre 2010

Sindacato Europeo ritorno al passato……la crisi e il lungo silenzio…….



Francesco TIANI



Nel futuro non c’è niente di solito…. declina sempre di più l’ idea del ruolo del Sindacato negli anni avvenire.
Il Sindacato del futuro sarà un Sindacato Europeo il suo naturale campo d’azione. ….la prima potenza economica del mondo. È il primo partner di gran parte dei paesi industrializzati ed emergenti, di quasi tutti i paesi africani e di molti paesi dell’America Latina e gode di una grande popolarità in tutti i continenti.
Ora più della metà delle decisioni che determinano la vita quotidiana di noi cittadini non sono più prese nello spazio nazionale, ma in quello europeo. L’Europa è determinante su materie sulle quali c’è stato un trasferimento di sovranità moneta….commercio…. frontiere….. però ha bisogno di una dimensione politica.
Bisogna pensare europeo. Pensare europeo significa porsi subito l’obiettivo del passaggio dei poteri alle istituzioni dell’Unione, soltanto così può formarsi un pensiero politico europeo.
Si confonde il cambiamento con il riformismo. ….ogni cambiamento non è riforma.
Consideriamo riformista quell’orientamento della politica che interviene a governare il mutamento sociale quando quest’ultimo non si ispira alla giustizia come equità, ma tende a consolidare privilegi, sofferenze socialmente eliminabili, ad impedire la mobilità sociale delle persone e la realizzazione dei loro progetti di vita.
Le vere riforme sono quelle che migliorano la vita del maggior numero di persone,sono quelle che generano il gandhiano , un processo di miglioramento costante e condiviso : «Noi non dovremmo accettare lo status quo e non dovremmo opporci ai cambiamenti e ai miglioramenti che lo mettono in discussione. Il processo di miglioramento, richiede metodo, costanza e motivazione, e deve essere condiviso da tutti».
Con ogni fine è il mezzo, e il mezzo il fine, avrebbe detto Gandhi.
Gandhi, detto il Mahatma (cioè ‘grande anima’), è considerato l’apostolo della ‘non violenza’, l’inventore della disobbedienza civile. Il suo insegnamento ha valicato i confini dell’India, dove Gandhi è nato e vissuto, e si è diffuso nel mondo intero, influenzando tutti i movimenti pacifisti.
 .....si batte per il riconoscimento dei diritti dei suoi compatrioti e dal 1906 lancia, a livello di massa, il suo metodo di lotta basato sulla resistenza nonviolenta ….. una forma di non-collaborazione radicale con il governo britannico, concepita come mezzo di pressione di massa. Gandhi giunge all’uguaglianza sociale e politica tramite le ribellioni pacifiche e le marce. Alla fine, infatti, il governo sudafricano attua importanti riforme a favore dei lavoratori indiani (eliminazione di parte delle vecchie leggi discriminatorie, riconoscimento ai nuovi immigrati della parità dei diritti.
Il pensiero di Gandhi si basa su tre punti fondamentali:
- Autodeterminazione dei popoli… Gandhi riteneva fondamentale il fatto che gli indiani potessero decidere come governare il loro paese, perchè la miseria nella quale si trovava dipendeva dallo sfruttamento delle risorse da parte dei colonizzatori britannici.
_ Nonviolenza: è necessario precisare che tale precetto non si ferma ad una posizione negativa (non essere causa di male agli altri) ma possiede in sè la carica positiva della benevolenza universale e diventa “l’amore puro” comandato dai sacri testi dell’Induismo, dai Vangeli e dal Corano. La nonviolenza è quindi un imperativo religioso prima che un principio dall’azione politico-sociale. Il Mahatma rifiuta la violenza come strategia di lotta in quanto la violenza suscita solamente altra violenza. Di fronte ai violenti e agli oppressori, però, non è passivo, anzi. Egli propone una strategia che consiste nella resistenza passiva, il non reagire, in altre parole, alle provocazioni dei violenti, e nella disobbedienza civile, vale a dire il rifiuto di sottoporsi a leggi ingiuste.
- Tolleranza religiosa: “…il mio più intimo desiderio” dice Gandhi “…è di realizzare la fratellanza tra tutti gli uomini, indù, musulmani, cristiani, parsi e ebrei”. Gandhi sognava la convivenza pacifica e rispettosa dei tantissimi gruppi etnici e delle diverse professioni religiose presenti in India. Queste erano delle ricchezze che dovevano convivere e non dividere politicamente la nazione. Purtroppo, gli eventi non andarono come sperava Gandhi.
Il messaggio che ii Grande Gandhi ci lascia è molto attuale e la storia contemporanea, purtroppo, continua ad essere macchiata dalla guerra e dalla violenza. Gandhi, “piccolo grande uomo”, riesce con le sue sole forze, a sconfiggere il potente Impero britannico e a realizzare il suo grande sogno dell’indipendenza per il suo paese. Come? Con la forza sbalorditiva della nonviolenza…..del boicottaggio pacifico….. della resistenza passiva Come possiamo rendere attuale Gandhi?
Oggi più che mai ritengo che il messaggio di Gandhi sia attuale quanto necessario, da rivalutare e da proporre, quasi come potesse essere un modo per ricondurre gli uomini verso i valori universali che il Mahatma non si stancava mai di esprimere con la sua oratoria unica e coinvolgente e soprattutto con l’esempio di vita che esso dava.
Il mondo oggi più che mai ha bisogno di comunicare e per mondo voglio intendere i singoli tra loro e con il meccanismo del potere,….. i potenti tra loro e con il singolo.
Una frase tra le tante pronunciate da Gandhi mi colpì la prima volta come oggi: “My life is my message”. Ognuno di noi con le sue azioni di vita diventa un esempio. “La mia vita è il mio messaggio”. Parole attualissime e fondamentali.
Se solo pensiamo un attimo a noi stessi come persone, alla nostra famiglia, alla società che frequentiamo e contribuiamo a creare, al mondo politico locale… nazionale e mondiale, cosa notiamo? Egoismo… fanatismo…. Guerra…. Intolleranza….. prove di forza… odio….violenza fisica e verbale… manie di grandezza….. corsa alla ricchezza ….. sfruttamento dei deboli, sopraffazione. Un mondo che ancora 2000 anni dopo Cristo è ancora diviso in chi muore di fame e chi muore per il troppo cibo. L’Essere Umano, quello consapevole del Terzo Millennio, non si sta dimostrando tale.
Naturalmente esistono delle ‘cellule’ di ragionevolezza e impegno per la costruzione di un futuro migliore, persone che portano avanti con il loro esempio di vita valori fondamentali e principi di rispetto…. moralità…. etica…. giustizia…. Impegno…volontà….ricerca della verità…. carità, umanità……. Comprensione…. Umiltà…. Generosità… altruismo….. coraggio…. eguaglianza… libertà….. benessere di tutti gli uomini…… dignità di ciascuno.
Come possiamo essere anche noi portatori di uguaglianza di diritti in una società democratica Gandhi dimostra che la forza di un singolo uomo può diventare la forza di un popolo intero. Non dobbiamo quindi disperare se ci sembra che poteri superiori vogliano decidere per noi e armarci la mano. Gandhi stesso, con le sue parole, ci incoraggia a “cercare… la propria strada e… seguirla senza esitazioni” ed a “non avere paura”. Rivolgendosi a ciascuno di noi aggiunge:“… affidati alla piccola voce interiore che abita il tuo cuore e che ti esorta ad abbandonare …, tutto, per dare la tua testimonianza di ciò per cui hai vissuto e di ciò per cui sei pronto a morire”.
Con questo non voglio dire che ciascuno di noi deve diventare un ‘piccolo Gandhi’, ma tutti noi nel nostro quotidiano possiamo fare tanto applicando qualcosa del suo messaggio nelle nostre azioni anche a costo di sacrifici.
Non tutti sono riformisti allo stesso modo. …. un Sindacato riformatore si batte per costruire una società aperta ed inclusiva. Un tratto distintivo e peculiare nel riformismo in cui ci riconosciamo, quindi, è la valorizzazione delle culture e delle identità.
È proprio di una forza riformtrice saper coniugare continuamente la realtà e la possibilità. I riformatori, infatti, non rinunciano a battersi per un mondo nel quale si dia per tutti una migliore qualità della vita individuale e sociale, ma non perseguono l’illusione di una società perfetta. Lavorano orientati da quella che è stata definita un’utopia realistica, che è poi la nostra visione di progresso e di “democrazia in azione”.
Propri oggi, in epoca di globalizzazione, c’è la necessità di ridefinire il profilo del riformismo su scala planetaria e locale in questa direzione, sia per sostanziare un’efficace cultura di governo, sia nel ridefinire compiti e limiti di azione e di rappresentanza dei grandi corpi intermedi, come il Sindacato, nella costruzione di una vera democrazia cosmopolitica.
Un Sindacato libero è un Sindacato responsabile, che tiene sempre come punto di riferimento della sua azione gli interessi e le speranze dei propri iscritti e vuole coniugare questi con l’interesse generale. Simmetricamente un Sindacato responsabile è un Sindacato libero, che si schiera in base al merito delle questioni e non si lascia condizionare dalle logiche altre della politica.
Maggiore è l’autonomia del Sindacato dal sistema politico, maggiore è il contributo che esso può dare alla sua evoluzione ed al suo modernamento. Bisogna ridefinire il rapporto tra Sindacato e politica alla luce del consolidamento del sistema bipolare. In via preliminare, bisogna sgombrare il campo da un equivoco: il Sindacato ha svolto e deve continuare a svolgere un ruolo politico, si tratta di stabilire la natura di questo ruolo.
Se guardiamo alla storia degli ultimi decenni, si sono delineate due concezioni opposte. La prima vede il Sindacato subalterno ad un partito o ad uno schieramento ….prigioniero di una visione veramente antagonistica e conflittuale.
…. La concezione opposta fa del Sindacato un soggetto portatore di una sua politica e di un suo preciso profilo che i partiti e gli schieramenti possono condividere e sostenere, ma mai determinare e dirigere.
Un Sindacato libero e democratico, che ha sempre rifiutato i miti collettivistici, le tentazioni conflittualistiche e, nel contempo, la subordinazione politica ed istituzionale.
Il paradosso, con il quale alcuni partiti sono oggi alle prese, è quello di quanto essi debbano essere autonomi rispetto al Sindacato l’occasione per un profondo riesame culturale e politico, ma se un lungo silenzio ha dominato i grandi partiti europei. Il timore di uscire dall’ortodossia ha finora prevalso sulla voglia di indagare sulle origini sociali della crisi, sul fallimento delle teorie neo-conservatrici e sulla possibilità di aprire nuovi percorsi ideologici e politici. E’ passato poco da quando il mondo fu scosso da quella che fu definita la crisi più grave dopo la Grande Depressione degli anni Trenta.
Oggi la crisi si consuma nell’opacità del dibattito culturale e politico.
La crisi, in questo non diversamente dagli anni Trenta, è il fallimento del modello economico neoliberista. Questa cultura si era profondamente insinuata nella sinistra, appena mascherata dalla retorica della “Terza via”. La crisi era l’occasione per un profondo riesame culturale e politico. Ma poco o nulla si è visto in questa direzione. Un lungo silenzio ha dominato i grandi partiti della sinistra europea. Il timore di uscire dall’ortodossia ha finora prevalso sulla voglia di indagare nelle origini sociali della crisi, sul fallimento delle teorie neo-conservatrici e sulla possibilità di aprire nuovi percorsi ideologici e politici.
Il Sindacato del futuro sarà un Sindacato laico in grado di battersi per il rispetto e la tutela democratica delle differenze. Laicità intesa come indipendenza e libertà di giudizio e di un rapporto tra politica e società che rafforza la capacità di leggere, analizzare e decidere al di là di collocazioni pregiudiziali ed ideologiche. Laicità intesa come impegno senza remore per il progresso e per la migliore convivenza sociale e civile. Un sindacato sul pensiero e gli ideali del grande Gandhi.Per poter esercitare al meglio questa funzione di tutore della civile convivenza, di garante del reciproco rispetto, esso non può che essere aconfessionale, cioè ideologicamente super partes. Non si arriverà mai a uno Stato laico e allo stesso tempo democratico se non si promuove la libertà di coscienza e non si pone come parametro la dignità sociale, oltre la quale qualsiasi opinione, tendenza, azione non possono e non devono spingersi.
La libertà di coscienza da tutelare è quella della persona che deve compiere liberamente le sue scelte di vita ed allo stesso tempo avere gli strumenti e le condizioni per farlo. Risulta dunque fondamentale non tanto un’attività costante d’informazione quanto un’attività di promozione di riforme e di leggi che garantiscano tale possibilità.
La laicità e il senso dello Stato sono anche gli strumenti culturali privilegiati per comprendere e contrastare i vecchi e nuovi particolarismi che prendono sempre più piede nel Paese, in un clima di smarrimento collettivo della memoria e dei valori fondamentali che sono stati alla base della costruzione dell’Italia unita con il Risorgimento, con la Resistenza al nazi-fascismo e della Costituzione Repubblicana.
Informazione, conoscenza dei propri diritti e doveri che devono necessariamente essere promossi dalla famiglia, dalla scuola, dalle istituzioni pubbliche e dalle parti sociali, sono necessari per non subire la globalizzazione, consolidando una cittadinanza europea che possa funzionare come fondamento di una cittadinanza planetaria.
Attorno ai diritti, vecchi e nuovi, si stanno creando sensibilità comuni, che scavalcano le frontiere ed espandono le logiche contenute nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Non si vuole in questo modo imporre un modello a culture cui esso è estraneo ma rispondere e misurarsi con un nuovo ordine delle cose che gli schemi del passato non riescono più a contenere. Si dovrebbe parlare di sfera pubblica europea. Sfera pubblica europea vuol dire creazione di un comune spazio pubblico di confronto, dove le diversità che segnano l’Europa possano riconoscersi reciprocamente, consentendo il rafforzarsi dei valori condivisi e la progressiva adozione di politiche comuni.
Solo la laicità consente all’Europa di mantenere la sua ricchezza interna e la sua apertura verso l’esterno. Essa oggi rappresenta la regione del mondo dov’è più intensa e comune la tutela dei diritti fondamentali, dove la costituzionalizzazione della persona” incontra consapevolmente le innovazioni scientifiche e tecnologiche.
Il Sindacato ha sempre assunto la democrazia come suo riferimento d’azione Fondamentale.
E deve battersi per affermare la democrazia in tutte le sue forme e a tutti i livelli.
Veniamo da anni di vera e propria crisi civile della nostra società. Si è affermata l’idea che ognuno potesse fare da solo, che ognuno si potesse arrangiare in qualche modo. Orientata da questa concezione anche la politica ha alimentato spintedisgregatrici, egoistiche e individualistiche, confermando così modelli diffusi nella cultura dominante.

Il Sindacato Confederale ha come ragione costitutiva la convivenza civile delle persone che si riconoscono in un sistema di valori ed esprimono un’appartenenza forte e convinta alla società italiana e per questo ha un’altra idea della politica. Il lavoro da fare, sotto questo punto di vista, è complesso e riguarda sia la costruzione di una credibile proposta culturale alternativa per la società civile che il riaffermarsi di un ruolo alto della politica e della funzione dei gruppi dirigenti.
In Italia la tendenza dei partiti di limitarsi a fare da specchio alla società ha avuto come conseguenza l’ulteriore frammentazione ed estremizzazione delle posizioni. Il sistema politico è diventato sordo e lontano rifiutando l’onere della rappresentanza dei bisogni delle persone per rifugiarsi spesso nel populismo, che vede il politico interloquire con una società “neutralizzata”, senza dialettica interna, con un “popolo” nel quale tutto si confonde, al quale si riconosce solo la possibilità di un’adesione plebiscitaria.
I nuovi tiranni delle "Democrazie plebiscitarie" hanno in comune lo stesso disprezzo per le Istituzioni democratiche, per le libertà... dove i poveri… i giovani… gli affaristi, e chi non ha nulla…. votano i tiranni……perché gli regalano un sogno….. un sogno che diventa un incubo per chi è realmente democratico.
Le nuove tirannie, non fanno morti veri, ma riempiono le strade delle città di morti civili: un uomo senza lavoro….. senza soldi….. senza libertà senza futuro è solo un cadavere che cammina.
Sembra di camminare fra le macerie della società democratica….. fatta solo di regole…..di diritti sociali….. di lotte sindacali e di Politica……….. una società che era costituita dalle libertà .
Poco importa, alle Tirannie della "Democrazia plebiscitaria" che con un decreto cancellano la vita di migliaia di persone, se i giovani fra due o tre generazioni, non avranno futuro, non avranno famiglia…. né casa …. né figli.
Sull’altare del potere e del profitto, per la prima volta nella storia, lasciamo in eredità alle generazioni future, un Pianeta terra ammalato, forse agonizzante.
Noi continuiamo a camminare ritti nella schiena, ma oppressi dal peso della tirannia, con la certezza che ci possano togliere tutto ed anche la vita, ma non la nostra dignità ….. uniamoci per tutelarci .


Francesco TIANI

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