martedì 12 ottobre 2010

….. l'ennesima giornata di lutto per l'Italia….


Altri quattro militari italiani sono stati uccisi  in Afghanistan, vittime di un'imboscata a Farah……  ragazzi che torneranno in Italia all'interno di una cassa mortuaria e saranno salutati, per l'ultima volta, con i funerali di Stato. …..un film già  visto tante volte ormai..  34 sono  i nostri soldati uccisi in questa guerra senza senso. …..
Un altro grande dolore, un’altra ferita per l’Italia, la perdita di quattro vite umane… …la Puglia perde un altro figlio…  il ricordo  ancora vivo di  Luigi Pascazio  il 17 maggio…… la morte di questi giovani coraggiosi militari italiani, vittime di una guerra senza senso e senza  fine … 
…La cosa più dolorosa che di loro  si parlerà  solo per   una settimana. …. e poi  come sempre il dolore resterà   solo  alle famiglie

Oggi e' il giorno del lutto…. del silenzio, ma sono  troppi i silenzi su queste missioni così dette  di “pace”…..trasformate in missione di “guerra”   . Io  credo   che la nostra Costituzione, proprio in quanto espressione dei valori
e degli ideali più autentici di cittadini che sono italiani e nello stesso tempo aperti al mondo, dovrebbe dichiarare senza ambiguità di fare suoi i principi fondanti di un’organizzazione mondiale istituita proprio per garantire un diritto umano
fondamentale, dal quale dipendono molti altri. Infatti se ogni diritto ha evidentemente una sua importanza, pare difficile ipotizzare una piena realizzazione del diritto allo sviluppo o alla salute o all’istruzione in condizioni di guerra.
Con il rapido e progressivo mutare dello scenario internazionale del “dopo 11 settembre” e con l’apertura di un periodo di più diretto impegno italiano nel concorrere ad assicurare la pace, il rispetto dei diritti umani e la sicurezza internazionale, si sono aperte nuove prospettive in cui l’uso della forza militare diviene strumento e garanzia dei beni essenziali e comuni dell’ordine e della stabilità internazionali quale risposta e sfida del mondo democratico contro la conflittualità non convenzionale diffusa dal terrorismo internazionale di natura politico-religioso.
 Nelle  missioni di pace all’estero  si è sempre più manifestata la necessità di norme “ad hoc” attinenti alla speciale condizione di  “non guerra “ , costituita dall’esperienza di certe operazioni di “peace-keeping”…."il mantenimento della pace”

Nonostante la delegittimazione di ogni circostanza di guerra e persino l’abbandono del sostantivo guerra dal lessico giuridico e da qualsiasi espressione dello Stato democratico,  paradossalmente - nella inconsapevolezza dei cittadini e con ogni probabilità anche del personale impegnato – tutte le missioni militari condotte dall’Italia fino al 1990 vennero svolte sotto la giurisdizione del codice penale militare di guerra .
La crisi internazionale in atto e l’aggressività manifestata dal terrorismo internazionale hanno riportato all’attenzione sia il problema della disciplina dell’uso della forza militare nel nostro ordinamento, che quello della copertura giuridica da dare ai nostri Corpi di spedizione all’estero per operazioni armate. 
In pochi anni l'Esercito italiano ha fatto notevoli passi avanti in moltissimi campi. ….una struttura decorosa e degna di rispetto, ma  anchilosata da tanti anni di stasi, rifiutata o ignorata dagli Italiani e lasciata in uno stato di semi abbandono da parte di una classe politica rigorosamente militesente, ha dovuto rapidamente adeguarsi al nuovo quadro internazionale e alle nuove esigenze della nazione.
Divenuto funzionale alla politica estera, l'Esercito si è riorganizzato in tempi strettissimi e spesso dolorosamente. Ciò ha del miracoloso, se si pensa che questo cambiamento epocale è avvenuto nell'assoluta indifferenza dell'opinione pubblica e contemporaneamente al più intenso impegno operativo del dopoguerra..
L'Esercito si è ridotto di quasi due terzi ed è diventato molto più snello. Gli equipaggiamenti, le armi e i mezzi sono  inadeguati ai compiti da assolvere. Il sostegno logistico dei reparti operanti all'estero è  non sono aderente alle necessità. Spostare migliaia di soldati e di tonnellate di materiali in tutto il mondo mediante trasporti multimodali è diventato routine.
Un Esercito serve per combattere… per vincere le guerre o, meglio ancora, per dissuadere gli altri a farci la guerra, ma nella realtà così non è. Assurdi pudori, scarsa lealtà e chiarezza nei confronti dei cittadini, decenni di parlare ambiguo hanno impedito e impediscono di chiamare le cose con il loro nome e di valutarle per quello che sono in realtà. In passato, credendo forse di renderle bene accette a un'opinione pubblica mal disposta, le Forze armate italiane e l'Esercito in particolare sono state presentate dagli stessi capi militari come una specie di organismo tutto fare, sempre pronto ad accorrere per integrare o sostituire  polizia ,vigili del fuoco, protezione civile, organizzazioni umanitarie.
Parole come guerra, uccidere, morire vennero di fatto bandite. Questa strana ambiguità ha impedito all'Esercito di fare il necessario salto qualitativo e ha provocato conseguenze negative nel campo del reclutamento, della formazione, dell'addestramento, dell'acquisizione di materiali, delle operazioni.
E' un'ambiguità che sussiste anche oggi con un Esercito professionale perché bene accetta da una classe politica - sia di destra sia di centro sia di sinistra - che lancia il sasso e ritira la mano e che non ha il coraggio di presentare i fatti nella loro cruda realtà. Da questa ambiguità derivano una serie di equivoci che vanno necessariamente chiariti, di luoghi comuni che vanno sfatati perché lo strumento militare possa essere in grado di affrontare adeguatamente i rischi e le sfide che il futuro ci riserverà. Per questo è bene rivisitare alcuni concetti fondamentali, logorati da un uso spesso distorto e formulare in merito alcune considerazioni. Il primo concetto da chiarire è: a cosa servono i soldati.
……..I soldati sono fatti per combattere ….. vincere un nemico. Combattere vuol dire saper usare la violenza in maniera intelligente ed efficace, saper uccidere quando necessario e mettere in conto che si può essere uccisi. Vuol dire riscoprire un'etica del combattimento dove i vigliacchi e gli eroi siano ben identificati senza ambiguità. I soldati sono i professionisti dell'impiego della forza, coloro che devono saperla impiegare senza eccessi, senza compiacimenti –
………. Il soldato è  un cittadino che si è arruolato perché è disposto a combattere per il proprio paese. Di conseguenza è errato ammettere l'esistenza di soldati di pace e soldati di guerra. I soldati sono soldati e basta e come tali devono saper fronteggiare situazioni di guerra, questo è il loro compito istituzionale. E' il potere politico che ha la responsabilità morale di impiegarli per finalità giuste
Anche l'espressione "missioni di pace" va rivista e chiarita. L'opinione pubblica comprende con difficoltà perché un soldato addestrato e dotato di costosi equipaggiamenti da guerra debba partecipare a missioni di pace. Tale definizione fa sembrare secondario l'uso delle armi, quasi fosse un fastidioso optional. Le figure del soldato, del poliziotto, del vigile del fuoco, del funzionario dedito a missioni umanitarie si mescolano. La gente non sa più distinguere le caratteristiche di ognuno e rischia di ritenerli intercambiabili.
Per queste ragioni è più appropriata l'espressione….. “missioni di guerra per il mantenimento della pace”….. Impiegare un costoso e prezioso strumento militare per compiti esclusivamente pacifici sarebbe uno spreco che non potremmo permetterci, se non obbligati da eventi di eccezionale gravità e in mancanza di idonee alternative.
Un altro equivoco riguarda la guerra. Se ne parla tanto ma pochi la conoscono veramente. Si sente ripetere: "La guerra non ha mai risolto nulla". E' un falso, è una tragica menzogna che induce a sottovalutare questo pericolo sempre immanente e a credere di poterlo sconfiggere solo con le chiacchiere.
Le guerre hanno fatto la storia, le guerre hanno cambiato il mondo, cancellato civiltà, punito aggressori e sterminato innocenti per millenni. La guerra è un mostro assetato di sangue, alimentato dal male insito nell'animo umano. Non si elimina con le belle parole e le bandiere arcobaleno. Va studiata a fondo, analizzata e finché possibile prevenuta o neutralizzata con ogni mezzo pacifico, iniziando con il bandire la violenza dai rapporti interpersonali. Certo, è più facile a dirsi che a farsi.
In realtà, dalla storia emerge evidente una triste verità: che i periodi di più lunga pace sono stati quelli imposti con le armi, quelli in cui gli aggressori sono stati sconfitti o tenuti a bada con forze deterrenti o in cui sono stati gli aggressori stessi, vincitori, a imporla ai vinti.
Per noi figli della pace, educati al rispetto e alla non violenza, la guerra è incomprensibile, assurda.
Ma la guerra è il regno dell'imprevisto, il campo dove volontà e intelligenze si scontrano per sopraffarsi, pertanto nonostante tutti gli accorgimenti si muore e si continuerà morire. E' un miracolo quando ciò non succede e tutti tornano a casa.
Esprimo profondo cordoglio alle famiglie delle vittime … rimanendo   sempre vicino  a tutti quei soldati impegnati in missione e che quotidianamente mettono a repentaglio la propria  incolumità  per onorare la  Patria .

 Francesco TIANI

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.