giovedì 1 marzo 2012

Il SIAP presente anche in Val di Susa







Il SIAP presente anche in Val di Susa Il SIAP stà con le ragioni del dissenso, ma quando viene espresso in forme civili, pacifiche e democratiche. Si contano ancora una volta molti feriti tra le forze dell'ordine: 18 poliziotti e 11 carabinieri bersaglio di vili attacchi da parte di chi, in spregio dei principi della Costituzione e delle regole della convivenza sociale, senza aver alcun interesse per le libere cause dei pacifici manifestanti, commettono reati e violenze inaccettabili . Giornate dure sono questi blocchi stradali, auto bruciate, giornalisti aggrediti, carabinieri derisi ,ma il sangue freddo dimostrato da quel servitore dello Stato ha unito i cittadini con lo Stato, ma l’odio cieco di quello sconsiderato ci ha ricordato che l’Italia è ancora una fucina di mostri ideologici, di incubi e deliri scollegati dalla realtà e appesi al traliccio dell’alta tensione. Sono uomini fulminati e in nome della legge vanno fermati. Ricordate il 16 marzo 1972, quando i giornali e la radio annunciavano che c’era un cadavere ai piedi di un traliccio dell’alta tensione. Passeranno ore prima di avere la certezza che il cadavere era quello di Giangiacomo Feltrinelli, ma non basteranno né ore e né giorni perché la sinistra, i democratici e l’opinione pubblica progressista di allora riesca a convincersi, a credere che l’editore, l’intellettuale, il militante, il rivoluzionario non sia stato da mani più o meno oscure e assassine cadavere ai piedi di quel traliccio. Era difficile, quasi impossibile credere che su quel traliccio fosse salito per farlo saltare con l’esplosivo e che quell’esplosivo mal maneggiato l’avesse ucciso, la colpa non poteva che essere dei servizi segreti o di una qualche articolazione degli Stati repressivi e delle multinazionali. Oggi a distanza di quarantenni esatti ,27 febbraio 2012, Luca Abbà, militante No-Tav è caduto da un traliccio dell’alta tensione. Non voleva farlo saltare, era lassù per opporsi all’apertura del cantiere. Ora è in coma e nessuno dei militanti No-Tav riesce a credere al drammatico incidente sono certi che Abbà sia vittima, una vittima voluta della “militarizzazione” della Val di Susa. Molto è cambiato e tutto è diverso. Diverse sono le persone, le storie, gli ideali e i modi, ma ci sono anche dei punti di contatto: primo fra tutti i tralicci dell’alta tensione, teatro della morte del primo e dell’incidente del secondo, e poi la reazione dei loro compagni, oggi la stessa di allora, ferma e convinta nel dar la colpa dell’accaduto allo Stato nemico e imperialista. Quarant’anni fa si lottava e in alcuni casi si moriva, per la rivoluzione, pronunciata e pensata . Oggi lo si fa per fermare un treno, un treno diventato simbolo di ogni infamia e ingiustizia. Aspirazione più prosaica e meno nobile ma animata, la seconda come la prima, da un ideale. Un ideale che si fa mistica e che porta a rischiare la vita in suo nome. Sia Feltrinelli che Abbà hanno condiviso la mistica certezza che valesse mettere la loro vita in gioco per qualcosa di “alto”. Questa certezza genera la convinzione che una seconda certezza non è discutibile: il colpevole c’è e veste la divisa, la divisa dello Stato. Mitiche e mistiche certezze che generano a loro volta la fede in una legalità “altra”, l’unica vera e degna: la legalità che si oppone a quella dello Stato, la legalità del proprio “collettivo” migliore di quella della collettività migliore e nemica. Per la “vera” legalità è obbligo e onore combattere, la legalità “altra” è impostura e violenza. Sono gli ingredienti di base della guerra civile, sono gli anticorpi della convivenza civile. Due storie, due vite e due battaglie distanti anni tra loro in cui si ritrovano però degli elementi di continuità. Per questo Val di Susa sta vivendo oggi un’altra lunga giornata di scontri e di tensioni nella lunga storia della lotta per fermare il supertreno Torino-Lione , ma mai la protesta era durata così a lungo oltre 53 ore. La verità è che in Val di susa c'e' lo Stato contro lo Stato. Ci sono i delinquenti che si nascondono dietro il movimento No Tav e c'e' lo Stato rappresentato da persone che rischiano la vita per fare il proprio dovere. Credo che un encomio e un riconoscimento lo meritino tutti gli operatori delle forze dell'ordine che sono impiegati in Val di Susa, non solo il carabiniere che con grande professionalità e sacrificio ha resistito alle provocazioni di un facinoroso, ma tutti gli agenti dei reparti mobili della Polizia di Stato, che stanno affrontando da giorni turni massacranti, senza un pasto caldo , dormendo poche ore al giorno e spesso senza nessuna pausa per andare in bagno. Agenti che guadagnano 1.300 euro al mese netti e che lasciano a casa mogli e figli preoccupati per ciò che può accadere per coprire servizi che di fatto crescono a dismisura a fronte di un personale sempre più anziano, demotivato e demoralizzato. Questi sono gli eroi veri di un Italia alla deriva sempre più apatico e senza speranza , dove i Poliziotti in prima fila continuano ad operare in silenzio, a garantire la sicurezza dei cittadini, a rischiare la vita . Siamo divenuti l'anello debole da massacrare, l’ammortizzatore per le pulsioni sociali delle varie categorie che si sentono anch’esse deluse e amareggiate da una politica sempre più distante dalle esigenze del popolo. Oramai sono lacrime e sangue per i poliziotti, con un comparto sicurezza ormai al collasso, che taglia e taglia senza una strategia sulla sicurezza, senza ascoltare il grido d’allarme che proviene dai suoi uomini . È un vero e proprio bollettino di guerra questo è assolutamente inaccettabile per un paese civile. Teppisti che si nascondono dietro la sigla No Tav Nessuno ha messo Abbà su quel traliccio ,ne tanto meno la polizia di Stato ,se non Abbà stesso e la sua certezza di star lottando contro il male assoluto personificato in un treno. Al di là dell’opinione personale sulla Tav, era proprio necessario arrampicarsi su quel traliccio , ma Luca Abbà lo ha fatto ugualmente, e ha sfidato le forze dell’ordine che gli urlavano di smetterla, di stare attento, perché era molto pericoloso. Speriamo che si riprenda, ma non trasformiamo Luca in un eroe . E, se proprio qualcuno lo ha aiutato a salire lassù, sono stati i molti, i troppi che fanno finta di non sapere che la Torino-Lione è stata votata da due Parlamenti, da due governi, quello italiano e quello francese. Possono aver sbagliato, sono decisioni che possono essere discusse e contestate,ma sono decisioni democratiche e legali. Volerle scardinare non è la rivoluzione ma la rivolta, quaranta anni fa questa differenza Feltrinelli la conosceva; oggi il confine è stato cancellato e smarrito. La parabola è diventata una narrazione confusa, ipocrita, smemorata e incosciente; una sorta di guerra civile. Una manifestazione che testimonia due aspetti: da un lato la capacità duratura di un movimento che si è radicato nel corso di vent’anni, che è stato capace sia di conservare il nucleo degli abitanti della Valle, sia di diventare un simbolo incarnando l’opposizione delle opere inutili. La marcia ha dato l’idea che questo è un movimento molto solido nelle sue convinzioni, è un peccato che questa esigenza di cambiamento reale rimanga scritta nelle pagine di cronaca, di politica e non in quelle di storia, perché siamo di fronte a un percorso imponente che ha costretto a ragionare sul rapporto territorio-politica e sulla questione democratica. Dal dialogo alla fermezza; dal diritto di protestare sancito da ogni democrazia alla condanna unanime della violenza, da una questione valligiana a un problema che investe tutto il Paese. SEGRETARIO NAZIONALE FRANCESCO TIANI

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